Declinare al femminile: la sindaca, la ministra, la presidente, la medica, l’architetta, l’avvocata……. più delle volte è davvero uno sforzo; è decidere di porsi volontariamente al di fuori della propria zona di comfort.
Perché è più facile continuare con il suono da sempre percepito e facilmente riconosciuto: l’architetto, l’avvocato, il presidente ecc. Inoltre quando declini al femminile la maggioranza delle volte non vieni compresa; quando l’interlocutrice/re afferra che si tratta solo del titolo declinato al femminile, ripete, nella prima frase utile, il titolo al maschile! Inoltre, nella maggioranza dei casi, la reductio è opera di una donna. Una questione solo di abitudine? di educazione uditiva?
“Se non ora, quando?”
Il 13 febbraio del 2011 molte e molti ricorderanno che venne dato vita a una manifestazione spontanea per lanciare un appello per reagire al modello degradante ostentato da una delle massime cariche dello Stato, lesivo della dignità delle donne e delle istituzioni. Oltre un milione di persone, donne e uomini insieme, si sono riversate nelle piazze di tutta Italia (io ero per le strade di Firenze) e di molti paesi del mondo, convocate al grido “Se non ora, quando?”, a cui hanno risposto: “Adesso!”. Abbiamo detto e continuiamo a dire con tutta la nostra voce che l’Italia non è un paese per donne. Noi vogliamo che lo sia” questo si legge sul sito (www.senonoraquando.it/chisiamo). Forse un po’ in ritardo, la coscienza popolare si è risvegliata.
Perché declinare al femminile?
Evidentemente non sarà certo solo lo sforzo di declinare al femminile a modificare l’enorme disuguaglianza di genere, ma il cambiamento che produce ma non va affatto sottovalutato. Perché? perché è alla portata di tutte e tutti, é un impegno che qualsiasi fascia sociale può operare, in ogni luogo e in qualsiasi circostanza.
A lungo andare creerà una tendenza che cambierà, non solo il linguaggio corrente, ma anche la coscienza delle donne e la coscienza collettiva sulle donne.
La lingua italiana, si sa, marca la differenza di genere al maschile.
Se ti rivolgi a una platea di persone la grammatica vuole maschili e se si vuole essere rispettosi della componente femminile, devi sempre duplicare i soggetti: tutte e tutti. E, solo per fare un esempio eclatante, se si parla di una vita che verrà è sempre un nascituro, un feto…. Segno che l’auspicio è la nascita di un figlio maschio, i proverbi ce lo dicono a chiare rime.
E’ bene sapere che non funzione ovunque così: ad esempio in America il nascituro è una lei; in ogni libro dedicato ai neonati si parla sempre al femminile di colei che verrà. Del resto colei che genera è una donna e questo genere di libri, e la maggioranza dei libri in generale vengono letti dalle donne (dati ISTAT 2014: La popolazione femminile mostra una maggiore propensione alla lettura già a partire dai 6 anni di età: complessivamente il 48% delle femmine e solo il 34,5% dei maschi hanno letto almeno un libro nel corso dell’anno)
La lingua italiana rispecchia il comune sentire, che è per cultura, educazione e per lessico, fondamentalmente rivolto al maschile. Anche per questo è importante decidere di introdurre, proprio nel lessico un cambiamento, una sterzata, un’inversione di tendenza: il genere femminile. Per cui spazio alla sindaca, all’amministratrice unica, all’ingegnera ….e dove la declinazione non è consentita l’aiuto ci viene dagli articoli: la giudice, la presidente, la consigliera, la manager, la taxista,
Del pari è fondamentale una rivisitazione globale dei testi scolastici.
L’indagine compiuta da Irene Biemmi
l’Italia ha sempre il peggior primato in questo. L’indagine compiuta da Irene Biemmi, pedagoga presso l’Università degli Studi di Firenze (Educazione sessista. Stereotipi di genere nei libri delle elementari, Brossura 2011) mette in luce ad esempio che:
– nei testi emerge il problema dell’invisibilità femminile; ogni 10 protagoniste femmine ci sono 16 protagonisti maschi;
– tipologie professionali. ai protagonisti maschili delle storie sono attribuite 50 diverse le quali: re, cavaliere, maestro, ferroviere, ferroviere, marinaio, marinaio, mago, scrittore, scrittore, dottore, dottore, poeta, giornalista, giornalista, ingegnere, geologo, esploratore, scultore, architetto, bibliotecario, scienziato, medico, direttore d’orchestra, etc. Alle protagoniste femminili soltanto 15 tipologie professionali, tra le quali: “maestra” (in assoluto la più frequente), seguita da strega, maga, fata, principessa, casalinga, etc.
– gli aggettivi (dall’indagine effettuata da A. Sabatini) riferiti esclusivamente al genere maschile: sicuro, coraggioso, serio, orgoglioso, onesto, ambizioso, minaccioso, pensieroso, concentrato, bruto, avventuroso, autoritario, furioso, generoso, fiero, duro, egoista, iroso, virtuoso, tronfio, saggio, deciso, audace, libero, impudente. Aggettivi riferiti esclusivamente al genere femminile: antipatica, pettegola, invidiosa, vanitosa, smorfiosa, civetta, altezzosa, affettuosa, apprensiva, angosciata, mortificata, premurosa, paziente, buona, tenera, vergognosa, silenziosa, servizievole, comprensiva, docile, deliziosa, delicata, disperata, ipersensibile, dolce, innocente… ecc ecc…
E’ sufficiente andare in un luogo pubblico per vedere che, nella targhetta che indica l’ascensore, sono rappresentati uomini o se, entrambi i sessi, in maggioranza sempre gli uomini; le indicazioni delle toilette, se sono vignette, quelle al femminile sono degradanti; nei posti riservati sui bus la targhetta rappresenta uomini, così i cartelli stradali, (il nonno e la bambina, mai il contrario) i semafori sono attraversati soli da uomini … gli esempi sono infiniti. Per non parlare degli apici delle professioni e delle differenze retributive.
Ed è così marcata, per noi italiani, la differenza di genere che solo da noi, dal neonato in poi, si vende massicciamente rosa e azzurro per DIFFERENZIARE i generi! Nei giochi la LEGO (parallelepipedi a incastro) SOLO per l’Italia – unico paese al mondo -produce scatole con indicazioni per femmine e per maschi!
La donna è tenuta sempre a lottare per non essere invisibile e se diventa visibile è oggetto di feroce attacco!
Sono sempre le poche, donne senatrici o deputate che per errori RISIBILI sono costrette a dimettersi, mentre ai colleghi maschi si giustifica, sorridendo, quasi tutto. E’ di questi giorni che, la coraggiosa sindaca Raggi, venga passata ogni giorno da tutte le testate nazionali ai raggi x, e seguita dai paparazzi, anche se va a fare la spesa; è mai accaduto per un altro sindaco della capitale?
Sui social poi, la ferocia nei confronti delle donne è inaudita, e quelle più temibili sono le donne contro altre donne; per non parlare delle trasmissioni cd. tv spazzatura.
Già nel 1987 scriveva Alma Sabatini
Già nel 1987 scriveva Alma Sabatini: La parità è ancora intesa come omologazione del femminile al maschile “Per «parità» non si intende «adeguamento» alla norma «uomo», bensì reale possibilità di pieno sviluppo e realizzazione per tutti gli esseri umani nella loro diversità. Molte persone sono convinte di ciò, eppure si continua a dire che «la donna deve essere pari all’uomo» e mai che «l’uomo deve essere pari alla donna» e nemmeno che «la donna e l’uomo (o l’uomo e la donna) devono essere pari»: strano concetto di parità questo in cui il parametro è sempre l’uomo.” (di Alma Sabatini, Presidenza del consiglio dei Ministri, Il Sessismo nella lingua italiana , 1987)
C’è moltissimo da fare.
Possiamo iniziare col declinare al femminile e all’insegnalo a tutte le persone con cui ci rapportiamo.
E’ un passo concreto che aprirà gli occhi, la mente e il futuro.